Ieri sera mi è piaciuto tanto ascoltare la nonna raccontarmi di suo nonno. Quattro generazioni sono un passato pari a cento anni e ogni parola che mi diceva l’ascoltavo a bocca aperta. Un po’ fantascienza, seppure al rovescio parlando non di qualcosa che doveva ancora accadere, ma che era già successo. Con il particolare, non da poco, che si trattava di un passato sconosciuto come ciò che deve ancora avvenire.
Ripenso alle parole di nonna Emma mentre ordino le scatole dei pelati. Il trisnonno Oreste era un uomo alto e secco, muscoli tirati come una fionda, dalla forza inaspettata. La terra era la sua seconda sposa in prime nozze, visto che sua moglie Maria aveva pochi attimi della giornata anche solo per un bacio o per fare qualche parola dopo che il marito aveva trascorso il tempo dall’alba al tramonto sui campi.
“Renzino, veloce con codesti pomodori. Vai a prendere in magazzino le scatole dell’insalata di mare!”
Il nostro capo è un brav’uomo. Forse a casa sua, forse.
Accelero la messa sugli scaffali delle scatole dalla etichetta rossa e mi chiedo chissà quanti pomodori avrà raccolto il trisnonno. A nonna Emma si illuminavano gli occhi ricordando Oreste e Maria, a quando da vecchi la sera l’avevano accompagnata nel mondo dei sogni bambini con favole che si sono perse nel buio del tempo.
Prendo i cartoni vuoti, li appoggio sul carrello e mi avvio al magazzino. La porta automatica si apre come se mi riconoscesse, entro in un cubo di dimensioni gigantesche dove centinaia di contenitori sono colmi di cibo sufficiente a un intero continente. So perfettamente dove è l’insalata di mare e dopo 5 minuti sono di nuovo tra gli scaffali per riempirli di un prodotto in “offerta sensazionale”.
Sono le 13,00.
Si, mi è piaciuto molto ascoltare nonna Emma, ma quando mi raccontava del loro Natale non c’è stato più nessun sorriso dentro me. La nonna, donna molto sensibile, si è accorta della mia malinconia e ha smesso di dirmi della gioia di vivere questo giorno tutti assieme, da mezzanotte a mezzanotte, dello scambio dei doni, del pranzo tutti assieme, fossero 5, 10 o cento persone. Ha smesso e mi ha carezzato sulla testa, abbracciandomi con tutta la tenerezza che solo una donna come lei sa dare. “Vedrai cambierà…” ha cercato di rassicurarmi. Forse ha ragione, ma mi guardo intorno e so che la situazione non potrà cambiare da sola.
“Renzino, finito con la insalata di mare, c’è il pancale delle fette biscottate.”
Il nostro capo è un brav’uomo. Forse a casa sua, forse.
Altri sette minuti e sono a mettere quelle fragili fette il più alto possibile. Mi suona il telefono. Video chiamata. Rispondo. È Alessia.
“Ciao, babbo!!! Buon Natale!!! E grazie, il regalo è bellissimo!”
A tavola con sua madre in questo giorno speciale, mi saluta allegra con la sua manina dodicenne e la mia, di manona, le risponde allo stesso modo. Un pranzo zoppo, ho pensato, e stasera tocca a mia moglie, che ha il turno serale al ristorante. Avrei voluto avere lì nonna Emma per capire come si è finiti a non avere più un tempo per coloro che si ama.
“Auguri, amore bello, a te e alla mamma… sono contento ti sia piaciuto il regalo…”
Sorrido.
“Renzino, smettila di chattare con la ganza! Dopo le fette, porta in negozio il tonno all’olio di oliva”.
Il nostro capo è un brav’uomo. Forse a casa sua, forse.