Spiaggia

Mi sto sciogliendo come un panetto di burro nonostante abbia a disposizione uno spesso e impenetrabile ombrellone degli anni ’20 (non perché sono meglio, ma perché a cambiarli quelli del bagno non ci pensano neanche).

Credo che il Creatore abbia rotto il salvadanaio  dove aveva risparmiato il caldo degli ultimi dieci anni e lo ha buttato tutto su questo pezzo di spiaggia che se ci metti qualcosa da mangiare sopra fa arrossire d’invidia tutti i barbecue del pianeta. Fatto sta che per ripararmi da ustioni di quarto grado mi sono coperto  con maglietta della salute, asciugamano in testa  e calzini che sembro un vecchio di due o tre anni più anziano di me.

Ma in fin dei conti, chissenefrega! Mi giro a destra e sinistra su questo sdraio un po’ più nuovo dell’ombrellone (sarà del 1930) e osservo tutto il bendiddio che girovaga per la battigia dando un senso compiuto alla cosiddetta prova costume. Gli occhi devastati da cateratta e miopia prossima alla cecità sembrano bagnarsi di acqua miracolosa vedendo io adesso tutto nitido e nei minimi particolari, quest’ultima cosa probabilmente per costumi difficili da intravedere nelle fattezze e persino colori.

Fatto sta che il quadro che mi si presenta davanti è il massimo dell’espressionismo italiano, in quell’unione tra sabbia, mare,  bagnanti, patini e secchielli.

Decido di leggermi le ultime pagine del libro, poi andrò da quel tizio sulla battigia. Non è stato un granché come romanzo, ma breve e questo è il meglio che posso desiderare da una lettura che fa cagare, ma limita la  mediocrità a poche pagine.

Leggo veloce, la curiosità per quell’uomo sdraiato sul bagnasciuga è troppo forte.

Cinque minuti, dieci pagine, libro finito e poi mi alzo.

Mi metto le ciabatte se non voglio che i piedi diventino uno spiedino e mi avvio lentamente verso la riva.

Arrivo a tre, quattro metri dal tizio. Lo vedo intento nella sua opera. È da una settimana che lo vedo così impegnato nei giorni in cui il mare è leggermente mosso.

Con rapidità incredibile disegna un viso sulla sabbia bagnata, lo fa con una maestria notevole, al punto che sapremmo riconoscere chi fosse la donna disegnata. Poi aspetta che le onde del mare col loro ritmico aumentare di lunghezza cancellino il disegno per poi rifarlo subito.

Senza tregua.

Tutto il pomeriggio. Gli guardo la schiena abbronzata da far paura e il viso che Carlo Conti al confronto è un albino.

Quindi mi avvicino e faccio la domanda che mi ero proposto.

“Scusa, ma cosa stai facendo?”. È la tipica domanda di chi non fa i cazzi suoi, lo so, ma a questa età ce lo possiamo permettere.

“Disegno Marion.”

A questo punto potrei andarmene.

Invece:

“Non importa tu mi dica chi è, ma ti prego, spiegami perché la disegni continuamente sapendo che il mare ti cancella il volto subito dopo.”

Lui gira per un attimo la testa verso di me e i suoi occhi incrociano per un attimo i miei. Un attimo che sembra lunghissimo quasi ci fosse dentro l’eternità. Poi torna a guardare la sabbia bagnata.

“La mia memoria conosce solo lei. Mi piace pensare che di lei se ne nutre il mare, in questo rinnovo di ricordo. Ogni volta disegno una espressione diversa del suo viso. Perché lei è qui con me, sempre: nella mia mente, nella mia anima, nel mio corpo.”

Lo guardo e capisco anche il perché nel tardo pomeriggio si immerge in un lunghissimo bagno. Certo per lui è come nuotare insieme a quella sua “lei”.

Insomma, un pazzo scatenato.

Vabbè, giro i piedi con le ciabatte motose e mi avvio all’ombrellone. Quando arrivo vedo la bustina con dentro il nuovo libro da leggere: “Cammelli col raffreddore, storia di animali fuori luogo”. Dicono sia un thriller angosciante.

Riguardo il tizio che continua a disegnare e penso che il libro sarò in grado di sopportarlo.