Le recensioni cinematografi’e del Torracchi: DIUN

Le recensioni cinematografi’e del Torracchi

DIUN

(si legge DUNE)

Dopo aver fatto due mongolfiere grosse così a consorte e figlia per andare appena possibile a vedere un filmino ganzo di fantascienza, o non è uscito Diun?

Le due hanno preso al balzo l’occasione e hanno comprato onlain i biglietti per il cine, “così- parole testuali- non ci rompe più i coglioni per un anno e si può vedere programmi di cucina diciott’ore al giorno.”

Siamo andati in una sala dove con le poltrone che si piegavano a lettino ho trovato a russare gente che era entrata due giorni prima e c’era rimasta a dormire. Ho pensato bene di disattivare il meccanismo e mantenere la poltrona come tale.

Dopo ottantadue treilers (provini, come diceva la mia povera nonna) è cominciato il film, ma ce ne siamo accorti solo dopo 5 minuti pensando fosse l’ottantatreesimo.

Il tutto si svolge nell’anno 3100 ( credo, quando l’hanno scritto mangiavo i popcorn) ed essendo durato il film 155 minuti, se la matematica non è una opinione, è probabile che la fine fosse nel 3100 e 155 minuti.

La storia è tratta dall’omonomo libro di Erberte e racconta di una famiglia nobile di nome Atreides composta da persone buonissime, aiutatemi a dir buone, che vengono incaricate dall’Imperatore (talmente pezzo di merda che sono sicuro è lo stesso di Star Wars)  di andare a governare e gestire l’importantissimo, e aiutatemi a dire importante, pianeta Arrakis al posto di un’altra famiglia nobile composta da delle grandissime teste di cazzo, e aiutatemi a dir grandi (è l’ultima volta che chiedo il vostro aiuto, prometto), che porta il nome di Harkonnen.

In realtà, il punto focale di tutto è quella che chiamano Spezia, una droga che si trova solo sul pianeta Arrakis, che ha effetti straordinari per chi la usa e che ha definitivamente sostituito il Viagra e fatto fallire la Pfizer. Si scopre che è anche indispensabile per i viaggi interstellari. Non ho inteso come, ma non si può capire tutto.

Non sto a spoilerare (a raccontarvi tutto, compreso finale… devo decidermi tra inglese e toscano…), ma devo dire che non mi sono addormentato nemmeno un minuto (dopo l’ora e mezzo con Erri Potter lo dubitavo).

Atmosfere rarefatte, personaggi ben interpretati tipo Acquaman  che si ritrova a far la guardia del corpo del giovane segaligno Atreides, effetti speciali che posso dire essere effetti speciali di effetti speciali, cioè effetti speciali al quadro e qui mi fermo,  una sceneggiatura chiara e una colonna sonora che vestiva alla perfezione il film e che in quella sala m’ha rintronato il cervello. Il tutto mi spinge a dire che m’è garbato.

Se poi voi non c’andate, m’importa una sega.

Tanto adesso mi aspetta un annetto di Parodi e Cannavacciuolo.

Anestetizzato

A volte penso di ambire a essere fatto santo oppure a una posizione importante tra gli dei esistenti sulla Terra .Faccio volontariato a giornate intere a carico completamente dei miei genitori, anche perché di questi tempi non trovi lavoro nemmeno a pagarlo te. Vado dagli anziani a casa, dai malati privi di assistenza familiare, da ragazze madri vittime di violenza, al centro di recupero tossicodipendenti e quando avanza 5 minuti con le ambulanze per il pronto soccorso. In pratica 12 ore al giorno a gratis. Non chiedetemi perché mio padre quando mi vede scuote la testa, non l’ho ancora capito. Mia madre invece mi carezza, guarda il santino della Madonna e si mette a piangere, da grande devota. Dimenticavo i barboni. Li andiamo a assistere sia di giorno che di notte, durante le estati più bollenti e gli inverni più rigidi. Io seguo uno in particolare, un maschio di una quarantina di anni. Lo chiamano e lui si lascia chiamare l”Anestetizzato”. E’ facile aiutarlo: non parla, prende senza storie quello che gli diamo, si lascia aiutare nel vestirsi e nel pulirsi. Una specie di vegetale, poveraccio, ma era chiaramente un bell’uomo. Qualche giorno fa, però, è successo qualcosa di strano. L’ho guardato con tenerezza e mi è venuto di chiedergli se gli andava di raccontarmi la sua storia certo che l'”Anestetizzato” non avrebbe proferito parola. Invece, dopo uno sguardo riconoscente, ha iniziato il suo discorso. “Ricordo perfettamente il momento in cui dal buio passai al leggero bagliore. Era chiaramente un risveglio, ma non me ne resi conto subito. Mi sentivo leggero, insensibile, sereno. Probabilmente ero disteso con la testa su di un cuscino, ma la cosa davvero non mi interessava. Ero libero, da tutto e da tutti. Una sensazione che mi era sconosciuta e sorprendente. Galleggiavo in una bolla protetto da tutti i mali del mondo. Anche se non mi vedevo ero sicuro che in quel momento stavo sorridendo. Piano piano la luce si fece sempre intensa e iniziai a intravedere ombre poco definite alcune immobili e altre in movimento. Non so quanto tempo passò, ma tutto si fece più nitido. Le ombre si fecero persone, i suoni si fecero voce, i luoghi stanze di ospedale. Tutto il resto si fece dolore. Eravamo stati tamponati da un grosso camion e precipitati da un viadotto. Ancora non capisco cosa io abbia fatto per essere punito come unico superstite di una tranquilla famiglia. Si fece insopportabile quel trascorrere del tempo. Poi mi sono ricordato di quell’attimo prima del risveglio. Mi sono anestetizzato il cuore e il cervello, in attesa dell’inevitabile”. Da allora è tornato muto. Non fui il solo a ascoltarlo, ma anche altri quattro barboni che iniziarono a chiedere all'”Anestetizzato” come potevano farlo anche loro. Probabilmente glielo deve avere insegnato, visto che adesso sono in cinque a dover essere aiutati in tutto. Un lavoro massacrante, ma li vedo sereni e questo mi basta. Adesso vi saluto, devo andare a fare la spesa alla novantanovenne Carla.

VENTO

Osservo affascinato la girandola prendere forza e girare veloce al punto che le sue spirali creano il gioco allegro dei colori dell’arcobaleno. Forse avevo quindici anni l’ultima volta che ne ho vista una.

L’indiano con i capelli nerissimi volti al cielo mi dice “prendi, prendi” e io prendo, 5 euro. L’asiatico si allontana tutto contento della sua riuscita campagna di marketing e si appresta a vendere un’altra girandola al successivo illuso che pensa di conquistare la sua bella.

La mia, di bella, è davanti a me e con un sorriso imbecille le porgo il giocattolino come fosse un fiore. “Perdonami – le dico – accetta questa rosa multicolori che sta girando al ritmo del mio cuore.” Ride. Ride come una matta e io, credo, sto arrossendo come l’Etna al primo sputo di lava. “Vieni qui!” mi ordina, più che altro, e poi mi prende per il bavero e mi sgnacca un bacio che ci manca un pelo mi ingolla intero.

Il vento inizia a soffiare più forte. I tovaglioli di carta capiscono di essere stati creati sbagliati per quella situazione e, dal tavolino con gli spritz all’esterno del bar, prendono il volo per lidi sconosciuti. Un po’ li invidio. La mia bella continua a ridere, adesso sguaiatamente, nell’osservare i tovaglioli scappare. Mi concentro sul vento, arrivo a sentirne le parole. Perché il vento parla. Me lo fece scoprire una bambina di otto anni al parco dell’Ippodromo. “Sai – mi disse – il vento mi parla e mi ha detto che alla prossima corsa vince… il numero 8”. Che bambina simpatica pensai. Poi vinse il numero 8. Quando cercai la piccola non c’era più, mai più rivista, ma da allora cominciai a ascoltare il vento. Lo faccio anche adesso. E’ un vento potente, si piegano i rami dei pini marittimi e le strade si puliscono senza l’aiuto dell’uomo. Mi sta dicendo cosa fare e lo ringrazio. Mi giro verso la mia bella e le dico: “Sei il vento a cui il fiore a primavera affida la parte più preziosa di sé…” Lei continua a ridere. Vedo che il suo bicchiere è vuoto e mi alzo dicendole che vado a prenderne un altro, con lei che annuisce. Vado alla cassa, pago per entrambi e me ne vado senza salutare. Guardo l’ora, mezzogiorno e mezzo. Cammino e dopo dieci minuti sono sulla spiaggia con la tavola. Kite surf e vento caldo che mi portano tra il cielo e il mare. “Quando troverai chi ti regala questa emozione allora sei giunto alla tua meta.”

Chiudo gli occhi e ringrazio il vento.

A me Bukowski fa una sega ( dalla Silloge che devo ancora scrivere)

A me Bukowski fa una sega ( dalla Silloge che devo ancora scrivere)

Ostrica

Ti ho aperta
e succhiata,
ostrica
la libido avvolge la lingua
e la mente ti penetra
ma 400 euro
come piatto unico
son troppi

Dopo l’estetista

Ho usato le tue dita
per scaccolarmi.
Le tue unghie perfette
onoravano il mio naso.

Sudore

Mentre ti possedevo
come un animale
una goccia di sudore
ha irritato il mio occhio
facendomi fermare.
Asciugati veloce!
mi hai urlato

Auto

Uomini e auto,
mi dicesti,
sono uguali,
Col tempo i pistoni
perdono potenza

Sensi

Le tue dita sulla mia schiena
mi fanno tornare bambino
quando mia madre
lo faceva per addormentarmi.
Sì, lo so,
tu non sei mia madre.