ANNETTE (Le recensioni del Torracchi)

ANNETTE

Ho una premessa importante: non cercate sempre di avere la meglio

Detto questo essendo oggi lunedì, giorno frantumacoglioni, mi è chiaro che domenica, cioè ieri, sono andato a i’ccine. S’era due coppie e indecisi su icchè andare a vedere. Alla fine s’è scelto quello dal titolo “Annette” un miusicol che ha vinto l’ultimo festival di Cannesse e di cui s’era letto delle recensioni positivissime.
Maremma scantonata, di sicuro gl’è un bel filme, ci siamo detti e contenti come quattro dementi si son pagati i biglietti. Ci siamo seduti su delle comodissime poltrone di velluto senza bibite e pop corn perché il bar c’aveva tra il sì e il no un pacco di patatine dell’anno scorso.
Poi è iniziato il filme.
Filme.
Parolone grosso, filme.
Una storia fritta e rifritta che sembrava cucinata nel mercatino di Sciangai, due attori bravi ma, il maschio specialmente, con una voce così a bischero che al prossimo mi posso candidare anche io.
La storia è di due artisti, un comico e una cantante, che s’incontrano e nel giro di due minuti trombano più loro in una notte che Rocco in tutta la su’ carriera.
C’è anche un uso di metafora così scialbo che la mi’ nipote all’asilo facea meglio. Tipo farci vedere la loro figlia Annette come fosse una bambola di legno che si muoveva a scatti tipo Pinocchio. Solo che almeno il Nostro era ganzo, gli si allungava il naso e con Lucignolo faceva anche la testina di cazzo; la piccola Annette invece era una morta al mondo. Devo però ammettere che nelle scene di sesso lui più che metàfora l’aveva parecchio dentro. Ecco lì entrambi proprio bravi!
Poi accadono una serie di cose che non vi svelo, ma vi garantisco succedono ogni giorno e il telegiornale s’è rotto anche le balle di darne notizia.
Sempre tutto cantando che a me m’è venuta la sciolta a sentirli.
Il regista Carax, che più passa il tempo e più credo sia il protagonista de L’ombra del vento, ha fatto il suo, ma se trovo chi ha scritto quelle recensioni positive lo randello con la mazza da baseball e gli frantumo le mani in modo che non possa più scrivere.
Tornando alla premessa, se dovete fare una scelta su cosa andare a vedere di filme tra due o più opzioni, non cercate di vincere. io l’ho fatto e adesso son qui a cercare di salvarvi dall’andare a vederlo.
Bella fotografia (si, ma chissenefrega, ho dormito mezzo filme).
Al prossimo (scelto dal mio amico Gabriele).

Prosecco

Evito l’alcool. Non che certe bevande non mi piacciano, ma il loro effetto su di me è sempre stato deleterio al punto che ho imparato a farne a meno.
A volte, però, mi girano talmente i coglioni che mi lascio andare, spengo il mio autocontrollo e faccio cose inusuali.
Come adesso, mettendomi davanti agli occhi un bel bicchiere di prosecco di marca.
Non sono un sommelier, ma la differenza tra un prosecco buono e uno di bassa qualità riesco a distinguerlo.
Quello di stasera però non l’ho ancora assaggiato.
Mi sono messo a guardarlo controluce nel piccolo calice riempito quasi fino all’orlo.
Da solo al tavolino, sono circondato da una trentina di persone insieme per l’aperitivo serale che parlano sguaiate come facessero a gara a chi vince l’attenzione degli altri. Il volume delle loro voci piano piano scompare e restiamo solo io e il calice dentro il quale il liquido giallastro sembra prendere vita. Lo guardo attentamente, cerco di capire il suo linguaggio e dapprima non riesco a comprenderlo. Poi, d’improvviso, mi è tutto chiaro.
Le bollicine. Partono dal basso e risalgono rapide verso l’alto. Giunte alla superficie, senza un attimo di incertezza, compiono l’ultimo atto della loro breve vita esplodendo e diffondendo la loro essenza nell’universo.
L’unico modo per dare sostanza alla nostra vita è fare come quelle bollicine, ergersi velocemente verso l’alto e dare tutto noi stessi senza paura. Non ci sarà tempo per essere condizionati da un mondo che cerca di farti schiavo.

Smetto di riflettere su questo e torno alla realtà. Mi accorgo di una ragazza che mi osserva ridendo con i suoi amici. Posso comprenderla, un ebete che ammira il suo bicchiere non può essere che un professionista dell’alcool.
Bevo un sorso e poi mi alzo dal tavolino.
Vado alla cassa e pago ringraziando per la lezione di vita. Il cassiere mi guarda strano e sta zitto. “Osserva bene il prosecco, dammi retta!”. Non credo possa aver capito, ma questo è un suo problema.

Mario

Mario rimise a posto il buffo nasone da clown, dallo sgargiante colore rosso che spiccava sul viso segaligno cosparso pesantemente di biacca. La mano scivolò, come per un’ultima rassicurazione, a sfiorare il calcio ligneo della pistola. Le dita sottili, quasi diafane, lasciarono un leggerissimo velo di sudore sulle venature dal color miele dell’impugnatura. Rabbrividì al contatto freddo dell’acciaio bluastro, poi fu come svegliarsi.

Le idee ripresero vita ed i sensi ripresero le loro normali funzioni.

Gli occhi tornarono a guardare, e vide, vide il corpo del rocker disteso a terra con gli occhi aperti in una smorfia di meravigliato terrore.

Vide anche la pistola nelle sue mani, ancora fumante.

Gli cadde a terra, ma non si piegò a raccoglierla.

Si voltò lentamente a destra e si vide allo specchio.

.

“Simpatico, aveva esclamato il rocker con sufficienza, davvero simpatico!”

Perché si comportava così?

Lui adorava quell’uomo, le sue canzoni, la sua musica, il suo modo di vivere.

Aveva tappezzato la sua camera da letto di poster e testi dei brani, si era comperato un impianto hi-fi modernissimo per vivere a fondo quelle emozioni che viveva ascoltando quei suoni fantastici.

Lui, era solo lui che dava un senso a questa vita.

Poi… 

.

…Ma sì che sono io
Un cuore solitario
E ringraziando dio
non mi chiamo Mario
Dammi una mano señorita…

Maledetta canzone!

Perché? Perché?

“Oh Mario! Meno male che Lui non si chiama come te!”

“ Mario = coglione… Ah, ah, ah…”

“ A tutti i miei fans: meno male che non vi chiamate Mario!  Ah, ah, ah…”

Tutti lo presero in giro.

“Ma cos’ha di brutto il mio nome?” pensò,

“Probabilmente il tuo dio lo ritiene un nome da scemo… ah, ah, ah…”

.

Si guardò ancora allo specchio.

Si era vestito e  presentato a Lui in maniera volutamente ridicola.

“Guarda come sono insulso, aveva pensato, Guardami!”

“Come ti chiami?” gli aveva chiesto il rocker, fra il curioso e l’infastidito.

“Mario…” rispose con un fiore in mano

“Simpatico, davvero simpatico”

Dal fiore partì un colpo che non dette tempo al cantante di dire altro.

Le treccine

Gli occhi abbottonati, la schiena che non ne vuol sapere di piegarsi per potermi alzare ed il lamento per dover uscire dal calduccio sotto le coperte, sono i traumi che mi sconvolgono la mattina. Mi direte “e a noi?” E io vi rispondo, “No, ora ci siete e vi leggete tutto quello che sto per scrivere”. Perché quella che vi racconto è stata una tragedia immane. Tutto è cominciato quando stamani ho aperto l’occhio destro, pianino pianino, con un monte di sforzo, e dopo aver messo a fuoco la sveglia ho fatto un urlo che sembravo Tarzan dopo che un elefante gli ha pestato un piede: “Dio bonino, è l’otto! (non il gioco, l’ora)”. La mi’ moglie, che ci manca poco mi vomita addosso dalla paura, in cinque minuti cinque, si alza, si lava, si veste, si profuma, ci dice ciao e se ne va. Io e l’Eleonora ci si guarda come due bischeri:” Maremma maiala, e ora? Io non ho problemi, la mia di mamma mi ha insegnato a vestirmi, ma a te come si fa?” “Ma babbo, mi vesto da sola!” “Grazie, Signore Grazie, Grazie Signore, Grazie… Tu m’hai salvato la vita!! Ovvia comincia a lavarti che lo faccio anch’io, che è un tardi bestia.” M’era preso un accidente, lì per lì, ma dopo la rivelazione della mia piccina mi son sentito riavere. Il più veloce possibile ci siamo lavati e vestiti e quando le ho agganciato l’ultimo bottone del grembiule di scuola mi sono sentito un uomo appagato. “Babbo, che mi fai le treccine?”

.

La riga vuota rappresenta il silenzio spettrale che è calato sulla mia faccia a questa domanda: “Le treccine? Son l’otto e venti e ti devo fare le treccine?” “Babbo, se non me le fai, piango tutto il giorno!!” “So ‘na sega d’indove si comincia!” Questo tra me e me perché le parolacce in casa non si dicono, le si pensano. L’Eleonora ha pochi capelli e corti (presi da me, come al solito, il peggio) e più che treccine si dovrebbero chiamare codine, ma sono una sua fissazione e le vuole in tutte le maniere. “Guarda, babbo…” porgendomi due elastici blu per legare i capelli e la spazzola. Io sono il suo babbo, non posso fare una figura di cacca. Allora, sudando come un lottatore di sumo, ho cominciato a spostare i capelli a destra e sinistra, gli raggruppavo, gli perdevo, gli raccoglievo nuovamente tra le dita, mi scivolavano, m’incazzavo(in silenzio), e sudavo. Ma il peggio è stato mettergli gli elastici: non mi riusciva metterli stretti! Non ci volevano stare! Alla fine, dopo una lotta che neanche il Risiko con i miei fratelli, sembravano incollati con il bostik. Solo che le treccine erano una a sinistra in alto quella a destra in basso: “E’ l’ultima moda, Eleonora!” le ho detto, pieno di sensi di colpa. La mia piccina s’è guardata allo specchio, ha sorriso, mi ha abbracciato e mi ha detto “Grazie, babbo!”. Mentre la portavo a scuola ero talmente in brodo di giuggiole che non ho pensato minimamente a come si sarebbe incazzata la mi’ moglie a vederla in quello stato quando sarebbe andata a riprenderla alle quattro di’ pomeriggio.

Le recensioni del Torracchi: Squid Gheim

Il mondo cambia e anche il cine. Mentre prima si vedeva un film d’un paio d’ore, ora vanno le serie a stagione. Iniziano che sei in apprendistato e finiscono che vai in pensione.
Du’ palle che non riesco nemmeno a misurarne il diametro, ma ormai l’è così e così ci si ciucciano. Quindi voglio condividere con voi le mie impressioni sulla serie Squid Gheim, che dura nove ore, maremma incatramata, nove ore!
Posso raccontarvi poco, sennò vi svelo tutto e vi incazzate con me. Intanto è una denuncia chiara della grandissima pericolosità di giochi che facciamo da bambini, tipo “un due tre stella”, le biglie di vetro o tiro alla fune. Giocate, giocate, poi se vi fate la bua lamentatevi.
Altro aspetto fondamentale lo si spiega premettendo che è una produzione coreana. Si gioca molto sul frainteso Corea del Sud e Corea del Nord.
Partendo dal fatto che, indipendentemente dal punto cardinale, non si riesce a capire se la sceneggiatura l’ha scritta un nordcoreano sotto la dettatura di Kim oppure un sudcoreano nostalgico dei metodi nordici, dopo aver visto questa serie e molti altri loro film, la cosa più chiara è che i coreani hanno dei grossi problemi mentali e gli auguro di trovare presto un dottore bravo.
Ma ci possiamo trovare anche dei messaggi importanti. Tipo evitare di giocare ai cavalli, fregare la gente con investimenti finanziari, rubare soldi a altri che li avevano rubati a loro volta. Cose che in Italia succedono dalla preistoria, ma mica ci fanno dei film come questi dei coreani.
Oppure ci fanno vedere le reazioni umane di fronte a situazioni estreme, ovvero “muoio io per te, no muoio io per te” oppure “prendi tu tutti i soldi ma dai qualcosa a mia madre povera e malata”, mostrando un lato umano che forse sarà molto coreano, ma per noi italiani è pura fantascienza.
Probabilmente la serie avrà un seguito di episodi e prevedo racconterà di altri pericolosissimi giochi tipo nascondino, muriella, figurine panini.
Gli attori son bravi, ma parlano coreano e gli occhi mi rimbalzavano su e giù per vedere scene e sottotitoli che alla fine mi sono ipnotizzato da solo.