Non ce l’ho fatta.

Niente, non ce l’ho fatta.

Torno indietro sconfitto, incapace di portare a termine la mia missione.

I quattro mercenari che dovevo fermare sono stati abili, veramente bravi a raggiungere il loro obiettivo. Probabilmente essere stato solo non mi ha aiutato, ma era impossibile avere un compagno. Così eccomi perdente di ritorno al mio 2043.

E’ il 1942 e Hitler ha avuto tutte le informazioni necessarie a trasformare quella che era stata la sua bruciante e devastante sconfitta in una vittoria schiacciante. Prima fregandosene di Stalingrado e puntando direttamente Mosca, poi con mosse diverse sul fronte delle Ardenne. La razza ariana aveva vinto, si era dimostrata la più forte e lo sterminio delle razze più deboli si sarebbe dimostrato il risultato più aberrante e definitivo possibile.

Io non sono riuscito a evitarlo. I sensi di colpa mi distruggono e piango continuamente. Seduto sulla poltroncina in pelle nera, bloccato con due cinture di sicurezza, premo il pulsante rosso del meccanismo che mi riporterà avanti di 100 anni. Sto pensando a cosa dire quando mi rivedranno speranzosi. Non so davvero quali parole usare, sono tante persone che avevano posto in me ogni speranza e invece…

Premo il pulsante. Un vortice di raggi colorati circonda la piccola cabina monoposto e nel giro di pochi secondi tutto torna ad essere fermo. Mi guardo intorno, ma non vedo nessuno. Anzi, lo stabile del Centro ricerche da dove ero partito non esisteva più. Forse ero da altra parte? No, riconosco la catena collinare della Calvana, il luogo è quello giusto, solo che è privo di costruzioni, solo natura incontrastata.

Non riesco a capire, sono preoccupato e non so che pesci prendere.

Esco dalla cabina e scruto gli spazi a 360 gradi. Non vedo altro che alberi, un fiume, e delle pianure da pascolo.

Deve essere successo qualcosa alla macchina del tempo.

“Ciao, Marco.”

La voce era il mio più grande desiderio del momento, allo stesso tempo mi ha scosso per essere arrivata improvvisa.

“Laura…”, non riuscivo a crederci, allo stesso tempo non capivo cosa stava accadendo.

La guardo in viso, è lei, bellissima, soprattutto in salute e con quel sorriso che mi aveva fatto innamorare da ragazzo.

Mi corre incontro e mi abbraccia fortissimo, quasi a stritolarmi. Mi bacia dappertutto.

“Credevo non saresti più venuto.”

“Non capisco, ti prego spiegami…”

.

.

Guardo Laura mungere la vacca e, mentre spacco la legna, le mando un bacio al volo. Abitiamo in una capanna tutta sbilenca, visto che come architetto faccio parecchio schifo. Ma ci ripara ed è già molto. Ripenso a tutto quello che era successo. I quattro agenti ariani avevano cambiato il corso della Storia e tutto cambiò all’istante, anche per chi stava aspettando il mio ritorno. Molti scomparvero perché mai nati, esclusa Laura, di famiglia italiana, in qualche maniera sopportata dagli ariani. Paradossi temporali devastanti, ma lei ebbe la prontezza di fare una scelta. Con un modulo di riserva venne nel 1943 e cambiò la destinazione del mio mezzo temporale, la stessa del suo secondo trasporto.

Ed eccoci qui. Siamo a qualche migliaio di anni prima. Soli. Sempre meglio che male accompagnati. L’ultima cosa a cui pensiamo è la guerra e faremo di tutto perché nel futuro nessuno sappia cosa sia.

2 pensieri su “Non ce l’ho fatta.

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