Alzo gli occhi
in attesa della scia
che tagliando il cielo
esplode inattesa
tra case assonnate.
Non è la cometa
dei miei desideri
ma un verbo assassino
incomprensibile
a me che ascolto.
Ho paura, tanta
ho rabbia, tanta.
Che sciocca pretesa
far morire per niente
o per un dio insulso.
.
.
.
Con la mano curva
sull’orecchio destro
come una conchiglia
ascolto grida lontane.
Lungo la strada
traffico, urla, lavoro
sembrano dire
“Qui c’è vita!”
Il piccolo campo di basket
si riempie di sorrisi
ma le grida lontane
non cessano.
Tolgo la mano
dall’orecchio
e non sento più niente.
La distanza nega
la memoria,
io mi vergogno,
ma poi mi passa.