USA vs IRAN

Vorrei usare il mio spazio virtuale per sostenere la mia vicinanza ai calciatori dell’Iran.

Perché quando si perde non si ha la benché minima possibilità di essere un eroe. Adesso torneranno in quella che è la loro patria, ma più facilmente sarà la loro prigione mentale e fisica. Perché i regimi autoritari non permettono di contestarli davanti al mondo.

Ho visto degli abbracci tra gli avversari a fine partita. Mentre lo facevano mi chiedevo quale fossero le percentuali tra coraggio e incoscienza nel ricambiare il saluto ai rappresentanti di Satana.

Guardavo negli occhi i giocatori con la maglia bianca e nel loro sguardo non ho visto la disperazione vitale dell’eliminazione, ma la preoccupazione del futuro prossimo.

Non farò una preghiera, non mi sembra il caso. Faccio loro il mio più sincero in bocca al lupo.

E dedico loro uno dei miei racconti.

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LA RIUNIONE

Si alzò in piedi guardando i 196 partecipanti alla riunione. Erano tutti seduti al grande tavolo circolare e discutevano animatamente e in maniera disordinata.

“Dio bonino, urlò, che la volte smette’ di fa’ ‘sto casino?… Come t’hai detto… Ah, sì, la parolaccia… le m’è scappata di bocca, un la ridico più. Scusate, ma vu state facendo un macello roba da romanzi e come Presidente della Commissione vu permetterete che sia un pochino nervoso, vero?… Oh, e diho anc’a voi due, con due o tre adepti vu credete di pote’ parla’ solo voi… come? Cinquemila? Ah, sono cinquemila… Bada lì, du’ gatti.

Insomma ora basta!

Allora, Signori con la Esse maiuscola, un vi sembra d’esse’ passati da bischeri?

Oh, un t’incazzare subito, te, che tu esplodi con una facilità che poi t’hai visto i risultati!

Insomma, avevo ragione o no quando vi diceo “Troviamo un accordo, dividiamo in parti proporzionali senza troppe pretese. D’altronde un s’era noi a predica’ di non essere ingordi che poi, alla fine, chi troppo vòle nulla stringe?

Invece ci son stati alcuni degli astanti di questa riunione che gl’hanno fatto a gara a chi n’aveva di più, di seguaci.

Risultato?

Vu lo vedete bene anche voi!”

Al centro del tavolo apparve una palla di un color grigio tetro che girava su stessa.

“L’è in belle condizioni la Terra, vero? Si sono ammazzati tutti tra di loro, st’imbecilli d’umani, perché convinti che uno di Voi fosse meglio degli altri.

Un ce n’è rimasto uno vivo.

Come divinità siamo proprio rimbambite.

E ora chi ci prega? Ci tocca anda’ a cercalli su quarche altro pianeta! Che poi pe’ alcuni di voi po’ anche anda’ bene, ma a me, per esempio, Bacco del Chianti Docche, se un c’è la vite chi mi prega?”

Al giorno d’oggi

Al giorno d’oggi

È stato quando uno che osannava il lunedì è stato picchiato dai vendicatori del WEB, che ho iniziato a comprendere. Sui Social l’odio verso il primo giorno della settimana non prevedeva un suo estimatore e doveva essere eliminato. Senza minimamente preoccuparsi sul motivo, visto che quell’uomo o ciò che ne restava era un parrucchiere e quello il suo giorno libero.
C’è qualcosa che non torna, come disse uno di sua moglie fuggita con uno di venti anni più giovane. Un qualcosa che aveva un nome preciso, solo che nessuno lo sapeva, neppure alla fine del racconto.
Nasce così la necessità di riflettere e il posto migliore è seduti su un comodo divano. Se poi ti procuri patatine e coca cola il gioco è fatto. Gioco inteso come mondiali di calcio che ti fanno gonfiare di pop corn e bevande gassate e vaffanculo alla riflessione. Ciò che conta è Ronaldo che esulta per un gol che ci fa credere di aver fatto e invece l’ha fatto compagno di squadra sfigato (secondo Ronaldo).
È tornato il freddo. Ci sarebbe da affacciarsi per vedere se fuori nevica, non fosse che la casa, costruita abusivamente su un dirupo vista mare, è scivolata lungo la collina. Adesso è vista fango e senza finestra. Tanto la colpa morì fanciulla, disse uno della camorra al ritrovamento dei corpi di due bambini.
Ci sono sempre i soliti fraintesi. La maggioranza delle cittadine non hanno capito quello che è stato deciso dal nuovo governo. Per indirizzare il popolo a una effettiva parità di genere, le donne andranno in pensione come gli uomini. A 67 anni. Possibile anche la mezza pensione a 62 anni, escluso bevande e dolci.
Aggiornamenti economici sul conflitto. Complicanze nel fornire armi all’Ucraina da parte degli alleati NATO: “Qui un giorno di guerra costa quanto trenta in Aghanistan.” I Talebani protestano per questa frase razzista dichiarando “Vi abbiamo fatto un culo così!”
Grazie al cambiamento climatico, dopo 48.500 anni da un ghiacciaio siberiano è tornato in vita un virus. Se non mi vedete più è perché sono andato lì, da quanto mi sono rotto i coglioni. Non so come sarà tra 50.000 anni, ma di certo quelli al potere adesso non ci saranno più… sempre non vengano a sapere di questa possibilità… maremma impestata, non diffondete questo scritto!!!

Forza uguale e contraria

Stupidità, cattiveria, egoismo, violenza sono comportamenti diffusi, la cui medicina è solo una forza uguale e contraria.

E allora sapete cosa faccio?

Scrivo poesie d’amore, di getto, come vengono senza pensarci sopra.

La prima:

Massaggio

.

Quando le mie mani

cingono il tuo collo

si rallegrano nel massaggiarlo.

Soffio a spostare i tuoi capelli

che leggeri cadono su me

come fossero gelosi del tuo viso

e come ogni volta

grido in silenzio

al miracolo della tua bellezza

che gode dell’umile azione

dell’uomo innamorato.

……………………………………………

la seconda:

La prima uscita

.

Ti ho aperto la porta

del ristorante

e ti ho fatto passare

Tu hai sorriso incredula

e mi sono chiesto

come fosse possibile.

Ti ho accompagnata

al tavolo apparecchiato

ti ho spostato la sedia

invitandoti a sedere.

Tu hai sorriso incredula

e mi sono chiesto

come fosse possibile.

Abbiamo cenato

ho pagato e

tra risa ingenue

ti ho accompagnata a casa

e conoscendo le cose del mondo

ti ho detto ci vediamo domani.

Tu hai sorriso incredula

e mi sono chiesto

come fosse possibile.

Ti ho telefonato

per darti la buonanotte

e forse per dirti di quanto

fossi felice.

Pur distante ho capito che

tu hai sorriso incredula

e mi sono chiesto

come sia possibile

che possano apparire strane

le azioni dell’amore.

……………………………………………

La terza

Senza che tu lo sappia

.

Che io t’ami

che importanza ha

se non mi ami.

Davvero, che senso ha?

Allora mi chiudo

a riccio

e proteggo

questo mio amore

per te.

Mascherato di gentilezza

te lo donerò

a piccoli pezzi

quando i tuoi occhi

normalmente allegri

o a volte rapiti

d’altrui bellezza

avranno le righe del pianto

su guance delicate.

Ne farò bevanda

quando sentirai

il tuo cuore arido

in questo deserto

che è la vita.

Ti regalerò pagine

colme di passione

senza farti sapere

chi è l’autore

perché tu possa

serenamente arrossire.

Ti amerò

nell’unico modo

che mi è permesso.

Senza che tu lo sappia.

Lascia che ascolti il respiro che carezza le tue labbra.

Lascia che ascolti il respiro

che carezza le tue labbra.

Arrivo alla fine di ogni giorno

con la pelle dell’anima

strappata via da mani impietose

e non ho voglia di ascoltare altro

se non quello che sussurra la tua bocca.

Cerco di dissetare le kenzie

con il mio pianto liberatorio, così,

perché si dia un senso a lacrime

che sono incapace a trattenere.

Lo faccio di nascosto, mi vergogno

di gesta patetiche e molliccie

e deve restare un mio segreto,

seppur somigli a quello di Pulcinella.

Lascia che ascolti il respiro

che carezza le tue labbra.

Ogni tua parola è un compenso,

mi arricchisco ai tuoi sostantivi

mi emoziono ai tuoi verbi

ringrazio per gli articoli, determinati e no,

e per quel tuo tono, bevanda così alcolica

da cancellare ogni mio equilibrio.

Ricco premio per le mie preghiere.

Tieni la mia nuca tra le tue mani e

disperdi le tue dita tra i miei capelli.

Rido nel dirtelo, io che non ne ho,

ed è lì la meraviglia: tu che lo fai,

nonostante tutto, come ogni giorno.

Contrario

È passato un mese da quando una mattina mi sono svegliato tutto rintontito a causa di un sogno: un pachiderma, mentre schiacciava la testa all’addestratore del circo, mi gridava “fai l’esatto contrario di quello che stai facendo adesso!!”. Mentre l’addestratore che inascoltato stava dicendo la stessa cosa al pachiderma, mi domandavo perché un animale grosso a quel modo avesse un cervello così piccolo da pensare di potermi indurre a un comportamento per me anomalo. Poi quando l’elefante cominciò a cagarmi addosso e la sua merda mi era arrivata al collo, cominciai a respirare metano e mi misi in moto. Con quello che costa il gas adesso, lui me lo dava gratis e il senso di gratitudine mi costrinse a accontentare la sua richiesta.

Quindi quella mattina non andai a lavorare. Tornai a letto a dormire. Per 4 giorni. La cosa mi piacque e decisi di continuare a dar retta al pachiderma. Mi misi una cravatta regimental sulla tuta che non lavavo da due mesi e andai all’Enoteca Pinchiorri. Entrai e ordinai per cinque persone dicendo che sarebbero arrivate a breve. Mangiai per cinque. Poi tolsi la cravatta. La tuta a cosa pensate mi servisse?

Dopo quattro chilometri di corsa rincorso da tre neri grossi come il David di Michelangelo, ma con l’uccello assai più grosso, mi buttai in Arno da Ponte Vecchio. Non so nuotare, chiaramente, ma dovendo fare il contrario… Mi sono salvato perché ho preso in pieno una canoa e in particolare un vogatore della “4 con” diventata poi due “2 senza”.

Arrivato a riva, attento che non ci fossero quelli del ristorante, arrivai a piedi alla stazione Santa Maria Novella e feci un biglietto per Lampedusa mentre il bigliettaio mi guardava gocciolare acqua di fiume.

Dopo trentuno coincidenze e un traghetto arrivai all’isola, fregai una barca a remi e mi avviai verso la Libia. Incrociai un paio di barconi stracolmi di disperati che mi guardavano salutarli felice, mettendosi un sacco di dubbi su quello che facevano.

Giunto in Africa cominciai a attraversare il deserto. Mi salvò una cammella che trasportava un carico di cactus e che si prese una cotta di me. Io corrisposi vedendolo come un segno divino e soprattutto perché i cactus mi dissetarono. Non so se sapete cosa significhi giacere intimamente con una cammella, ma dovendo fare il contrario di quello che volevo, ha poca importanza.

Con lei ho attraversato il Ciad, la repubblica del Centrafrica, il Congo per finire nello Zambia.

Qui la cammella ha ceduto di schianto e io ho pianto.

Siccome, distrutto psicologicamente, avrei desiderato tornare a casa, dovendo fare il contrario, mi sono stabilito permanentemente a cento metri dalle cascate Vittoria, dove mi faccio la doccia tutti i giorni. Perché come potete immaginare di solito non mi lavavo per mesi.

Adesso con un casco di banane e altri frutti, circondato da insetti schifosi, sto così male che avendo promesso di fare sempre il contrario, gioisco per questa situazione.

E mi chiedo perché ho aspettato così tanto a fare il contrario di ciò che stavo facendo.

Ramo

Sorrido a ripensare a quel giorno quando a Mandello del Lario lo raccolsi e mi sentii come Manzoni: “quel ramo del Lago di Como…” Era un pezzo di legno marcito, eppure mi fece ridere e soprattutto fare una figura di cacca davanti a un sacco di gente che mi guardava e non capiva.

D’altronde avevo sbagliato il ramo dell’autostrada ed ero finito lì per errore.

Nonostante avessi scelto un ramo tecnico dell’università e mi fossi laureato in ingegneria Spaziale, non capivo una sega di cose pratiche della vita.

Sono persino arrivato a pensare di cercare un ramo per suicidarmi, ma mi capitò di vedere in tv un ramo del Parlamento pieno di idioti e mi chiesi chi me lo faceva fare.

Cominciai a girare il mondo utilizzando ogni ramo ferroviario conosciuto incontrando ogni ramo della specie umana. Venni a conoscere ogni ramo dello scibile umano. Poi tornai e decisi di darmi da fare. Lavorai nel ramo bancario e poi in quello assicurativo, nel ramo tessile e in quello dolciario. Poi basta, m’ero rotto i coglioni. Mi concentrai sul ramo unfòunasega, attività a me consona e tuttora è così.

Però una cosa la faccio: pianto piccole sequoie in attesa che diventino adulte.

Mi piace il ramo del vivaismo, è pieno di speranze.

Capriola

Prima che muoia, voglio fare una cosa che mi riporti bambino: una capriola.
Oh, non certo con il mio corpo che se m’azzardo a farla mi frantumo l’intero scheletro. La voglio fare con l’unico organo che me lo permette, il cuore.
Sì, perché il cuore è un grande produttore di stati d’animo e non solo in senso poetico, psicologico e sentimentale. Lo è anche fisicamente col suo diminuire o aumentare vertiginosamente dei battiti.
Oggi questo organo metronomo batteva con la lentezza degli avvenimenti che hanno il sapore dell’inconsolabile dolore e per questo ho pensato che l’unico siero che avesse un effetto guaritore fosse un gesto che donasse un sorriso, una azione uguale e contraria al malessere.
Mi sono fermato un attimo e, appoggiato a un muro bianco immacolato, ho cercato tra i ricordi la cosa che mi ha regalato un momento di gioia.
Ho scavato molto nel passato, perché alla fine mi è tornata in mente quella azione che mi meravigliava in quel suo far girare il mondo su se stesso.
Ecco, caro cuore, fammi tornare bambino con una capriola. Metti da parte tutto il peggio che impera e urlalo agli altri cuori, per far sì che tutto il mondo si metta a fare capriole. Perché sono un po’ stanco di quello che mi circonda, che ancora non si è capito che la vita è una sola e non soltanto la mia, ma quella di ognuno di noi.
Fammi fare una capriola, prima che muoia ogni mia speranza.

Mi sono fatto una domanda

La prendo larga per arrivare a una domanda che mi sono fatto.

C’è una trasmissione su Radio Rai 3 che si chiama Fahrenheit durante la quale c’è una rubrica che si intitola “Caccia al libro”. In pratica se uno sta cercando un libro che non riesce a trovare, puoi farti aiutare dai conduttori. Se tra gli ascoltatori c’è qualcuno che ha il libro o sa dove trovarlo, bingo!

Oggi ha chiamato un professore d’italiano che chiedeva aiuto per trovare un libro dal titolo “Il significato di confine” che tratta dell’esistenza dei confini e del loro motivo di esistere e con il quale farne una discussione in classe.

Non so in che modo viene affrontato il tema nel libro, ma dal tono che usava il prof penso intendesse discutere su quali siano gli effetti oggi (ma anche nel passato) dell’esistenza dei confini.

A questo punto mi è venuto spontaneo chiedermi che tipo di impostazione può o deve usare un insegnante su questo tema a scuola.

Rinforzarne il motivo di esistere per difendere la Patria?

O fare uno studio critico degli effetti che una divisione geografica ha sulla condivisione tra gli esseri umani?

Mi sono immaginato il professore che in qualche modo cerca di trasmettere all’aula la possibilità di rendere il confine una linea facilmente cancellabile per arrivare a una vera unione tra gli uomini, mentre genitori degli alunni e colleghi lo contestano come pericoloso riformista e antipatriota.

Cioè, e la domanda vera è questa, la scuola cosa deve insegnare?

Poesia d’amore

Sono la lunga strada americana

che ferisce in silenzio il deserto dei giorni,

percorro a piedi la cicatrice verso il niente

mentre un sole bugiardo mi riga il viso

di un sudore insano e uggioso.

Mi manchi o, per meglio dire, mi manca

il tempo corposo delle attenzioni

nel quale mi immergevo come in fonte santa

e guarivo tutte le mie paranoie insulse.

Sfrecciano intorno a me figure incerte

e partecipo all’agonia delle speranze,

non le mie, ma di chi ne ha,

con un silenzio che ha il freddo del nulla.

Sei tu l’antidoto al buco nero che inghiotte

la magnificienza dell’universo.

Lo sai, vero?

I tuoi occhi socchiusi alterano i mari

le tue mani dipingono l’aria

le tue cosce sono il polline del desiderio

e i tuoi baci esplodono nel petto

ma più di tutto, più di ogni altra cosa,

le tue parole che riempiono i miei silenzi

salvano me e insegnano a salvare il mondo.

Abbracci le mie paure e mentre lo fai

lo sussurro a tutti i cuori affamati d’amore.