Si sono allontanate
le tue labbra
lasciando orfane
le mie.
Non so se hai presente
il respiro affannato
della paura,
quello che nasce
quando lasci la mano
di tua madre
e ti perdi tra le vie
d’una città sconosciuta.
Trema la mia bocca
e il respiro
non si fa parola.
Baciami ancora,
ti hanno chiesto
i miei occhi.
Li ho chiusi
quando i tuoi
hanno sorriso
annuendo
alla mia anima.
Brevi versi prima d’andare a letto
Vorrei pensare meno
e pensarti di più,
farmi un massaggio
con le tue mani lontane,
baciare un muro e lasciarci
il segno col tuo rossetto,
leggere il libro
sul tuo comodino
e scrivere le mie emozioni
sul tuo blocco notes.
E’ una di quelle sere senza di te
in cui vorrei tutto di te.
Sull’uscio
(L’Armida e la Teresa a intrecciar la rafia)
40° episodio
- Armida
- dimmi Teresa
- ha’ visto come l’ha ripreso la rafia?
- Maremma assaettata, davvero
- Pensavo che con tutta questa roba moderna, io e te un s’avrebbe più fatto nulla
- invece eccoci qui ancora a fa la rafia sull’uscio di casa
- …e a fassi gl’affari degl’altri
- O Teresa ma icché tu dici? Io ho sempre fatto gl’affari miei!
- Armidina, un fa’ l’innocente con me, un si fa altro che parlare di tutta questa gente nòva che l’è venuta a star qui.
- Teresa, un si fa mica nulla di male.
- D’altronde gl’è bene sapere un po’ di quello che ci circonda… unn’è mica bello quando alla tivù si sente dire “trovao un vecchio morto in casa, putrefatto e la gente se n’è accorta perché puzzava da fa’ schifo…”
- T’hai proprio ragione, Teresa: ti ricordi nel ’19 alla fine della guerra che s’era bambine e che si sapeva tutto di tutti e ci parea giusto farlo sapere a tutti…
- si facea perché in caso di bisogno la gente dava le informazioni necessarie…
- Mica come ora che la gente un si guarda nemmeno, la un si saluta se non per mandassi a que’ paese
- Te poi t’eri l’asso per guarda’ la gente specie i giovini de’ paese, Armida…
- Icchè tu vorresti dire?!?
- Nel ’45, quando gl’arrivarono ne’ paese gl’ameri’ani ti si strabuzzò gl’occhi…
- icchè c’entra co’ il parlarsi tra le persone?
- In effetti, Armida, c’entra, perché mentre tu ti dedicavi a mostrare le bellezze de’ luogo ai militari, tu gli raccontavi vita, morte e miracoli de’ paesani
- Teresa, tu se’ un po’ rincoglionita… tu c’eri anche tu con me…
- …
- …
- Sì, in effetti mi pare che tu abbia ragione…
- Altri tempi… ora il nipote del mi’ nipote m’ha raccontato che tra omini e donne chiacchierano, lavorano e fanno l’amore con la televisione…
- a me tu m’hai a dire se son normali… noi s’andava a far cannelli e poi in camporina a fassi tanto bene… ma senza raccontarlo a nessuno…
- Teresa, un’altra bischerata… s’è appena detto che è bene saper tutto degli altri che vòi che gli altri un sapessero che tu la davi a tutti
- Armida, no davvero!!! … a tutti no…
- Teresa, è meglio se vedi di finì la rafia che tra un pochino gl’arriva l’Oresta a piglialla…
- Bello l’Oreste, ti ricordi il 21 maggio del ’47?
- No…
- Ma io sì… quasi quasi appena arriva gli dico di rifarlo…
- T’hai 102 anni, Teresa…
- E allora? Bada come vò con la rafia!
Consapevolezza
Ne ho avuto la consapevolezza appena sceso dall’aereo.
Non esiste distanza che possa cancellare presenze permanenti.
Allora ho deciso a rivolgermi allo studio indicatomi dalla mia ASL di competenza per sottopormi al Piano di Rinnovo. Non voglio rischiare che tu possa avere fastidi da me in questa mia incapacità di fare a meno di te.
Credimi, ci sono giorni fatti di dolore intenso, come quello che provai con lo strappo sulla pelle che mi feci da ragazzino cadendo di bicicletta su un sasso appuntito. Un dolore insopportabile durante il quale scompaiono dalla vista le forme e i colori, la bocca si piega in smorfie orribili e il pensiero si riduce a una somma di parole impronunciabili. Un dolore che mi rende così diverso da come credo di essere, da non poterlo accettare.
Prenderne coscienza, esserne consapevole aiuta a trovare la soluzione, laggiù dove esista.
Il Piano di Rinnovo che mi consigliò Giulio, preoccupato per il mio stato vitale, mi parve una bella stronzata, un qualcosa di terribile e devastante. Ma nel giro di pochi mesi, fino al giorno del viaggio a Sharm, ha preso forma la consapevolezza che l’unica alternativa fosse proprio il Piano di Rinnovo, che mi è sembrato creato apposta per chi come me vive una situazione non accettata e fonte di malessere.
Tra un po’ morirò.
Tra un po’ rinascerò.
Quando leggerai questa lettera sarò già un altro: altri connotati fisici per una vasta operazione chirurgo/estetica e una memoria azzerata delle mie esperienze.
Un altro uomo in tutto e per tutto.
Ma ti confesso che in tutta questa mia consapevolezza, ciò che nel cuore spero di più è di poterti incontrare per farti di nuovo la corte e di nuovo conquistarti.
Di nuovo mostrare al mondo la donna più bella e la gioia di essere con lei.
E non sarò geloso di me stesso, perché chiaramente tu adesso non mi ami più.
Avere una seconda opportunità senza saperlo forse non è negli intenti del Piano di Rinnovo, ma chi se ne importa.
Un sorriso.
Nel giorno della memoria
Nel giorno della memoria mi viene di dire che il titolo “la banalità del male” ci rappresenta perfettamente.
Nel giorno della memoria che cade il 27 hanno cominciato a ricordare il 26 non perché è importante parlarne sempre, ma perché si vuole farlo prima degli altri.
Nel giorno della memoria mi chiedo come si fa a ricordare qualcosa che è accaduto 80 anni fa, quando non ricordiamo nemmeno quello che sta accadendo adesso (Palestina, Siria, Ucraina, emigranti).
Nel giorno della memoria dovremmo essere tutti nonni, quelli che fanno della loro vita il sentiero per il futuro dei loro nipoti.
Nel giorno della memoria non so cosa farò, forse continuerò a guardare il prossimo come me stesso.
Quando mi addormento
Quando mi addormento
cancello i miei condizionali.
Io che ho paura del vuoto
cammino senza timore
sul precipizio della vita,
parlo per ore pur nato silente
e la gente mi ascolta,
incontro tutti gli amori vissuti
dando loro un pezzo di me.
Sono farei, sarei, vorrei,
sono i passi da fare e mai fatti,
sono questo nei lunghi sogni
che arrotolano coperte.
Come grammatica senza errori,
del mio tempo
non cambierei una virgola.
e quando gli occhi si accendono
si spenge la verità mai vissuta
in quell’ossimoro che è la vita
Il suono della tua voce
il suono della tua voce
mi fa abbracciare il mondo,
lo cingo con le braccia
lungo l’equatore
e appoggio il mio viso
sul più alto di poli
fino a fondermi ad esso.
Mi riempio di melodie senza autore:
i canti di libertà degli albatross
il racconto malinconico del frangersi delle onde
le urla dei venti in alta quota
le risa di bambini vergini d’inquietudine.
Terra e mare mi plasmano a loro somiglianza
mentre la Luna illumina il buio infinito
ed io mi sento per la prima volta
privo d’inedia e dolore.
Mi faccio fiore e tu ape.
E’ così ogni volta che ascolto
il suono della tua voce
M’inclino (Ennesima poesia del Poeta maledetto)
M’inclino
lento
e nonostante
l’artrosi
tocco
di testa
i piedi e
mi ci appoggio.
Meno male
li ho lavati;
chi m’osserva
si domanda
quello che vuole,
chissenefrega.
Piegato
col sangue
al cervello
ascolto le
innumerevoli
cazzate
disseminate
nel vuoto
che trasmette,
ma lo tengo
per me
il giudizio.
Sono stanco
nonostante
sia stato senza
fare una sega,
sono stanco
di voler
disegnare
il mondo
di una poesia
che quando
la rileggo
non la intendo
nemmeno io,
sono stanco
delle cose
complicate,
che sei lauree
non bastano
a decifrarle
seppur scritte
da analfabeti
inconsapevoli.
Per questo
mi piego,
trovo così
la posizione
di distacco
da verbi
avverbi
e proposizioni,
da articoli
determinativi
e da quelli che
non determinano
un cazzo.
Che seminano
terrore
nei cuori
fragili.
Mi piego
e così resto.
Nel frattempo
mi rileggo
e dico ancora
“Ma cosa
ho scritto?”
nonostante
pensi
d’aver scritto
davvero
qualcosa
che solo io
capisco.
Per questo
pur meritando
una cena
luculliana
muoio di fame.
fiore di strada
È un fiore di strada
quel che adesso chiamo amore
si offre a tutti
senza distinzione
può essere colto
o calpestato
o passare inosservato.
Chi però si ferma
a guardarlo attento
vedrà semplici colori
e stami disponibi
a donare parole gentili.
È un fiore di strada
quel che adesso chiamo amore
nato tra le dure pieghe
di un asfalto senza luce
così, per ricordare
che niente lo potrà fermare
Gianluca Vialli
Della vicenda Vialli vorrei solo evidenziare un aspetto di minore importanza, almeno apparentemente visto che nessuno ne parla.
Quando resero pubblico il tipo di tumore, pensai solo che tra tutti era il peggiore. Un mio cugino acquistato (compagno di una cugina) ci aveva appena lasciati poco più che quarantenne per lo stesso motivo.
Quando la sentenza è una condanna a morte, nonostante le speranze di un miracolo (detto dai più colpo di culo), il protagonista non può che perdersi in un delirio doloroso se non ha vicino persone che gli vogliono bene.
Parlando sempre di mia cugina e del suo compagno e padre di una loro bimba di pochi anni, nella fase compresa tra la scoperta del male e la morte decisero di sposarsi per dare una spallata al destino maligno e dare alla piccola una situazione legale che le garantisse un futuro tranquillo.
Questo permise al ragazzo di sentirsi più coccolato e più sereno. Ho solo ricordi di lui sorridente, nonostante tutto.
Per Gianluca Vialli vale la stessa cosa. Sono certo che tutta la famiglia gli sia stata vicina quanto più possibile, ma quando vedo Mancini abbracciarlo così forte agli Europei, si comprende quanto averlo voluto al suo fianco sia stato un dono d’amore che non ha prezzo.
Ecco, impariamo a essere attenti a chi ci sta vicino e a fare le scelte giuste.
Riposa in pace.